Farmaci e COVID-19

24-03-2020 I nostri specialisti
Farmaci e COVID-19

I Farmaci che vengono assunti per le patologie croniche come gli ACE-inibitori e gli antiinfiammatori non steroidei, spesso usati per controllare i sintomi influenzali, possono modificare in peggio l’outcome da infezione da coronavirus?

Sulla base di report pervenuti dalla Cina nella fase iniziale della pandemia, si è postulato che l’ipertensione arteriosa potesse essere associata ad un maggiore rischio di mortalità nel pazienti ricoverati per infezione da COVID-19. È stata avanzata l’ipotesi che il meccanismo ipotetico di collegamento fra l’ipertensione e l’outcome di questi pazienti, quando infetti da COVID-19, sia l’uso degli inibitori dell’enzima di conversione dell’Angiotesina (ACE-1) o i bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARBs), che sono i farmaci più comunemente usati nel trattamento della ipertensione. La plausibilità di tutto ciò risiederebbe nel fatto che il COVID-19 utilizza per infettare le cellule alcuni enzimi (ACE-2) i cui livelli aumentano nel corso del trattamento con questi farmaci antiipertensivi. Sulla scorta di queste notizie, molti pazienti e alcuni medici hanno ritenuto di dovere sospendere l’assunzione dei farmaci; ciò è scorretto perché non vi è al momento alcuna base scientifica a sostegno di questa ipotesi, mentre il danno che la sospensione del farmaco può produrre, sia in termini di eventi cardiovascolari sia in termini di mancata protezione degli endoteli vascolari, è ben documentato. Pertanto, l’European Society of Cardiology il 13 Marzo scorso ha pubblicato un Position Statement nel quale raccomanda fortemente ai medici e ai pazienti di non sospendere la Terapia.

Sono tanti i Pazienti che assumono questi farmaci e per i quali è utile sapere come comportarsi durante questa pandemia?

L’Istituto Superiore di Sanità pubblica con regolarità I dati sulle caratteristiche dei pazienti infettati da COVID-19 che muoiono in Italia. La patologia cronica preesistente diagnosticata prima di contrarre l’infezione è frequentemente una patologia cardiovascolare (ipertensione nel 76.5% dei casi, malattia coronarica nel 37.3% e fibrillazione atriale nel 26.5%). Questi dati rispecchiano il fatto che la nostra popolazione è costituita da soggetti anziani (la vita media in Italia è di 84,9 anni per le donne e di 80,6 per gli uomini). Si tratta di soggetti con comorbidità spesso multipla (in più di due terzi dei casi hanno tre o più patologie preesistenti) e quindi anche i più a rischio per esiti infausti legati alla pandemia. Essendo l’uso degli ACE-Inhibitors di prima scelta nelle patologie cardiovascolari su citate, si comprende come gli utilizzatori di essi costituiscano le classi più a rischio di un esito infausto nel corso della pandemia. Soltanto lo studio retrospettivo del profilo dei pazienti morti in trattamento ed il paragone della storia medica con i pazienti asintomatici o con sintomi clinici minori, potrà aiutare a definire i gruppi che sono più a rischio per un trattamento cronico preesistente all’infezione. Ribadisco quindi il messaggio del non sospendere il trattamento, in quanto non è giustificato il farlo.

E per gli antiinfiammatori non steroidei quale deve essere il comportamento al quale attenersi?

Il problema dell’uso di questi farmaci in corso di pandemia da COVID-19 è stato sollevato da un appello di ieri sul suo profilo Twitter, da parte del Ministro della Sanità francese Oliver Véran, medico, che invitava i cittadini a non assumere farmaci antiinfiammatori non steroidei in corso di infezione da Covid-19. Lo stesso appello è stato rilanciato dall’Università di Losanna. L’associazione dell’uso di questi farmaci e un peggiore outcome non ha un solido fondamento documentale; esiste uno studio, pubblicato qualche anno fa (Cell Immunol. 2009; 258(1): 18–28.), che mette in evidenza come gli antiinfiammatori non steroidei possano inibire la produzione di anticorpi da parte dei B linfociti. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato, per chi riscontra sintomi che fanno sospettare il contagio da Covid-19, di non assumere ibuprofene: il portavoce Christian Lindmeier ha sottolineato che in attesa che svengano effettuati approfondimenti sulla materia, si raccomanda di utilizzare paracetamolo e non ibuprofene, per controllare i sintomi.

Quindi quale è il messaggio?

Anche se si potrebbe postulare che chi usa gli antiinfiammatori nel corso dell’influenza ha sintomi più gravi e ciò potrebbe significare che ha una forma clinicamente più impegnativa e quindi più a rischio, tali farmaci possono essere sostituiti dal paracetamolo per il controllo dei sintomi. Chi già assumeva questi farmaci per altri motivi, dovrà consultare il medico curante prima di apportare modifiche alla terapia.